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Content Atomization: come sfruttare contenuti di valore

Content Marketing3 buoni motivi per atomizzare i tuoi contenuti (e vivere felicemente di rendita). Tweet this

Caro PM dell’industria farmaceutica, posso farti una domanda? Quanta parte del tuo lavoro dedichi alla generazione di contenuti per supportare le tue campagne di Marketing?

Sono sicuro che spesso – soprattutto con l’avvento dei canali digitali – ti sarai trovato in difficoltà nell’individuare gli argomenti veramente interessanti per i tuoi medici; quelli in grado di coinvolgerli e di valorizzare il tuo messaggio. D’altra parte, quanto più viene a mancare l’aspetto della relazione umana (leggi “contributo dell’ISF”) tanto più bisogna trovare qualcosa di interessante per conquistare l’attenzione del medico. E quindi, oggi più di ieri, Content is the king!

Non è facile. Secondo il recentissimo report divulgato dal Content Marketing Institute sullo stato dell’arte del B2B nell’America del Nord, (survey su oltre 1500 marketers di diverse industrie) le maggiori difficoltà per i content marketers sono legate a:

  • Trovare argomenti coinvolgenti (60%)
  • Misurare l’efficacia dei contenuti (57%)
  • Sviluppare contenuti con regolarità (57%)
  • Misurare il ROI delle campagne di contenuti (52%)
  • Mancanza di budget (35%)
  • Produrre una varietà di contenuti (35%)

 

Probabilmente nel mercato farmaceutico italiano, complice anche un Regolatorio tendenzialmente molto severo, le problematiche di cui sopra sono decuplicate; per questo motivo, quando finalmente si ha a disposizione un contenuto di valore (una novità terapeutica, importanti evidenze da un congresso, o semplicemente la rimborsabilità di un farmaco) occorre sfruttarlo il più possibile.

 

Content Atomization

La Content Atomization è una tecnica di marketing digitale molto utilizzata nel mondo della comunicazione e consiste nel prendere un contenuto “forte”, trasformarlo in numerose “pillole” e diffonderlo attraverso il maggior numero di canali e modalità possibili.

Pare che uno dei primi utilizzatori di questa tecnica sia stato Charles Dickens, il celebre scrittore inglese. Dicksens decise di “frazionare” opere quali Oliver Twist, David Copperfield, Canto di Natale in più puntate, che poi furono pubblicate con differenti cadenze temporali, valutando nel contempo l’efficacia delle uscite settimanali rispetto a quelle mensili. Questo con grande gioia da parte del pubblico, che poteva così acquistare “a rate” i suoi romanzi, e degli editori, che potevano così incrementare le vendite e ampliare l’arco temporale per inserire comunicazioni pubblicitarie. Lo stesso Dickens aveva poi notato quanto l’effetto “seriale” aumentasse la fidelizzazione del suo pubblico.

 

Perché utilizzare la Content Atomization

Ecco quindi 3 buoni motivi per scegliere la Content Atomization, quando hai sottomano un buon contenuto:

#1 Efficienza

L’energia e il tempo che devi investire per studiare le diverse modalità di parcellizzazione e realizzazione del tuo contenuto sono sicuramente minori rispetto all’effort per trovare sempre argomenti nuovi per tenere ingaggiati i tuoi medici.

#2 Efficacia

La scelta di utilizzare differenti modalità di divulgazione dello stesso contenuto (video, articoli, slide kit, ecc.) ti permetterà di coprire più segmenti della tua audience, andando incontro alle differenti esigenze dei medici: c’è chi, infatti, preferisce vedere un filmato e chi, invece, preferisce archiviarsi un pdf.

#3 Persistenza

Diluire e reiterare nel tempo il tuo contenuto ti permetterà di aumentare l’esposizione del pubblico al tuo messaggio, insistendo sui concetti chiave e aumentando, così, la Retention.

 

Come procedere

Ipotizziamo, allora, che un tuo prodotto abbia un’importante novità, presentata recentemente a un congresso; come procedere con l’atomizzazione?

 

Identifica la tua audience

In particolare dimensiona il target in base all’accessibilità ai vari canali:

  • Visitati dalla Rete
  • Raggiungibili via Remote Rep (phone)
  • Contattabili tramite campagna email
  • Visitatori portali e siti aziendali
  • Visitatori portali e siti di terzi.

Razionalizza i concetti chiave che ruotano intorno al tuo contenuto

Quali benefici per i pazienti, quali vantaggi per il medico, se ci sono ricadute positive sui costi del sistema…

 

Implementa le varie modalità di presentazione del tuo contenuto

Ecco alcune proposte a cui magari non hai pensato:

  • Video intervista di un KOL (magari pillole dell’intervento al congresso)
  • Video intervista di un paziente (che racconta dei suoi sintomi)
  • Articolo di un KOL (puoi inserirlo in un Blog e stimolare l’interazione con i colleghi)
  • eBook contenente la raccolta di tutti gli articoli e le pubblicazioni legate al tuo prodotto o alla patologia. Magari prendi spunto da Dickens e crea un piano editoriale
  • Slide Kit, una presentazione strutturata che il medico potrà scaricare e utilizzare durante i suoi interventi
  • Infografica, utilizzando fumetti e brevi descrizioni dei concetti chiave
  • Gamification: casi clinici interattivi e quiz per incuriosire il medico e testare le sue conoscenze
  • Banner e Video ADV da inserire sui portali.

 

Non mi resta che augurarti buon lavoro. Mi raccomando, ricordati che andrà tutto depositato in AIFA!

Perché scegliere il Video Marketing

Video Marketing: La centralità della TV in Italia ha determinato il successo del video nel digital. Tweet this

Caro PM dell’industria farmaceutica,

quante volte, nell’arco della giornata, guardi un video sul PC o sul tuo smartphone/tablet?

Lo sai che YouTube, da solo, riceve più di 1 miliardo di visite uniche ogni mese, con un consumo mensile totale di circa 6 miliardi di ore? Praticamente un’ora di video per ogni abitante sulla terra!

E quante volte, mentre leggi sulla Gazzetta OnLine l’articolo sulla squadra del cuore, accetti di vedere 15 secondi di un video promozionale, prima di accedere ai contenuti di tuo interesse?

Lo sai che, in termini di Digital Marketing Mix l’Italia è il primo Paese europeo per investimenti nel video marketing?

Infatti, già nel 2012, secondo Simona Zanette, Presidente IAB Italia, «il video online ha raggiunto il 20% sul totale del segmento display (la media europea è del 13%). È un importante indicatore culturale: la tradizionale preferenza degli italiani per la televisione ha determinato infatti la centralità del video anche nell’ambito digitale».

 

7 buoni motivi per scegliere il Video Marketing

Se non ci hai ancora pensato, ecco 7 buoni motivi per inserire nel tuo piano di Marketing Mix delle “videopillole” da proporre al tuo target medico per trasferire messaggi sul tuo brand, i contenuti salienti emersi nel tuo ultimo congresso, o qualsiasi altra cosa vuoi comunicare.

  1. La gente ama i video. Ormai le persone stanno consumando video come mai prima d’ora. Certo, molti degli utenti sono coinvolti da video virali, ma molti sono anche alla ricerca di informazioni su prodotti e servizi. Perché i video piacciono? In sintesi perché offrono informazioni in modo accattivante e facilmente comprensibile, quando invece leggere linee di testo sullo schermo del computer può generare mal di testa e può essere anche noioso. Guarda cosa ha fatto questo medico inglese per promuovere tra i suoi colleghi del Glenfield Hospital le linee guida per la cura dell’Asma. Clicca qui per vedere il video.
  1. I video migliorano la comprensione. Viviamo nell’era della immediatezza. Le persone ormai si aspettano di avere quello che vogliono, in qualsiasi momento ed in qualsiasi posto. Possibilmente senza aspettare. I video sono quindi perfetti per far comprendere i meccanismi di funzionamento e le modalità di fruizione del tuo prodotto. E possono essere mostrati, con le dovute cautele, anche ai pazienti; pensa per esempio come spiegare l’uso corretto di un device per una terapia antiasmatica, e quali benefici potrebbe portare al miglioramento dell’aderenza terapeutica. Un dato su tutti: i video aumentano la comprensione di un prodotto del 74%.
  1. I video aiutano a costruire fiducia. Non c’è dubbio su quanto sia importante, al fine di costruire una forte “brand equity”, la creazione di un link stretto tra la tua azienda ed i medici. Il ruolo dell’Informatore è cruciale, ma i video possono aiutarti a dare continuità nel tempo e nel creare un senso di vicinanza. Quando un medico vede un tuo video, con la possibilità di visualizzare anche il volto di una persona di fiducia (un KOL, un MSL o l’informatore stesso), immediatamente tende a personalizzare la relazione, in maniera molto più forte rispetto a delle fredde pagine lette sul tuo sito WEB.
  1. I video aiutano ad aumentare la copertura. I video sono il “media” virale più diffuso; come anticipato, generano fiducia e creano emozioni. Quest’ultima caratteristica incoraggia i visualizzatori a condividere online i contenuti che ritengono meritevoli, oggi è molto facile. Naturalmente i tuoi video possono essere condivisi all’interno dei network presenti nel tuo sito, su siti di editori specializzati, o anche su Facebook e Linkedin (regolatorio permettendo).
  1. I video sono Mobile-Friendly. L’utilizzo di Smartphone e Tablet sta crescendo vertiginosamente, tanto che oggi sempre più i dispositivi mobile stanno sostituendo il computer. Secondo una ricerca Google condotta in Italia nel 2013 (Our Mobile Planet: identikit dell’utente smartphone), il 78% utilizza il device per vedere video (e il 25% almeno 1 volta al giorno). Già nel 2012, secondo Eurisko (Survey Digital Doctors Communication) il 57% dei medici specialisti ed il 43% dei MMG aveva uno smartphone; pensa ai tuoi prescrittori…
  1. Realizzare video non è costoso. Spesso si tratta di utilizzare materiale già prodotto durante congressi, tagliando le parti meno interessanti e montando una serie di “clips” da 2-3 minuti suddividendo in capitoli gli interventi importanti. Per avere un’idea, puoi guardare la sezione ASCO del nuovo canale di Dottnet sul melanoma. Diversamente la creazione di un video da zero permette un’ampia gamma di scelte in termini di creatività, effetti speciali ecc. in modo da tarare i costi rispetto al budget disponibile.
  1. I video possono riciclare contenuti già esistenti. Non è necessario re-inventarsi informazioni e messaggi nuovi, ma è sufficiente prendere quanto è già stato prodotto per brochure, presentazioni, slide kit, ecc. e trasformarli in video. Inoltre questo è altresì consigliabile per mantenere una comunicazione coerente nel tempo e non creare confusione nella testa del medico.

Spero che queste poche parole ti abbiano trasferito non solo l’opportunità di comunicare con il tuo target tramite video, ma anche quanto tutto questo sia facile e poco costoso.

Per qualsiasi necessità e/o approfondimento su dove posizionare i tuoi video per avere la massima visibilità, clicca qui.

 

 

OTC: 3 buoni motivi per campionare i Medici di Base

OTCC’era una volta un campione, anzi, IL CAMPIONETweet this

 

Non c’è dubbio che, tra tutte le leve di marketing farmaceutico, la consegna di saggi ai medici, ed in particolare agli MMG, sia sempre stata tra le più efficaci in quanto a impatto sulle vendite.

Nel 2011 un report elaborato da Cutting Edge Information sulla base di una ricerca condotta presso i Marketing Executives delle principali aziende farmaceutiche americane (Pharmaceutical Brand Lift – Marketing ROI and Budget Allocation) confrontava il ROI delle varie attività (vedi figura 1).

 

Purtroppo campionare è costoso, soprattutto per i farmaci Etici, SOP ed OTC dove, oltre al costo del sample, è necessario l’intervento dell’ISF.

Per questo motivo l’utilizzo di questa leva di marketing sta scemando sempre più, come testimonia il 97% degli MMG recentemente intervistati da Merqurio in una Survey online su 300 MMG panel DottNet.

figura 1

Figura 1

3 buoni motivi per consegnare campioni OTC

Eppure ci sono 3 buoni motivi, soprattutto per le aziende OTC/SOP italiane, per considerare l’opportunità (qualora non l’avessero mai fatto) di comunicare con gli MMG tramite la consegna saggi.

 

#1 I pazienti ricercano supporto e consigli per la scelta di prodotti OTC

Secondo un’indagine condotta da Pfizer USA su un panel di 2.024 pazienti, il 38% degli intervistati ha affermato di non sentirsi sereno nella scelta di un farmaco OTC senza il supporto di un esperto. Infatti più della metà ha poi confermato di aver fatto ricorso, prima dell’acquisto, al consiglio di un medico.

Pensando al mercato italiano, dove il processo di comunicazione verso il consumatore OTC è certamente più normato di quello americano, mi viene da pensare che l’autonomia decisionale dei pazienti sia ancora più bassa, con un conseguente affidamento al MMG più elevato rispetto alle esperienze oltreoceano.

#2 Gli MMG sono sempre più coinvolti nella prescrizione di farmaci OTC

Un’indagine di GFK Eurisko del 2013 (Il ruolo dei farmaci di automedicazione nella pratica clinica dell’MMG) supporta questa tesi. I Key Finding dello studio riportano che:

– Fatto 100 il totale delle prescrizioni/consigli effettuati, il 24% riguarda farmaci senza obbligo di ricetta

– Mediamente, in un mese tipo, raccomandano/consigliano 105 farmaci OTC/SOP

– Le principali aree terapeutiche dove sono coinvolti sono:

Stanchezza/affaticamento fisico-mentale (79%)

Disturbi intestinali (78%)

Influenza/febbre (73%)

Disturbi venosi (74%)

Tosse (70%)

Raffreddore (73%)

– Tra gli aspetti che potrebbero favorire l’MMG a consigliare farmaci OTC, il principale (62% dei rispondenti) è: maggiore comunicazione medico scientifica.

Su quest’ultimo punto si inserisce l’approfondimento che Merqurio ha sviluppato sul tema dell’utilità del campionamento presso gli MMG.

Dall’ultima survey online su 300 MMG emerge che:

Il 70% ritiene in generale molto utile per lo svolgimento della propria attività professionale ricevere saggi di prodotti. In particolare quasi il 60% richiede campioni OTC/SOP

– Perché? I principali 5 motivi di apprezzamento sono:

Ricordo del prodotto (28%)

Inizio terapia (22%)

Testare personalmente l’efficacia (11%)

Testare la compliance del paziente (10%)

Dimostrazione ai pazienti (10%).

 

#3 Il costo non è più un problema

Rispetto al passato, il costo per le aziende OTC/SOP per comunicare e campionare gli MMG si è notevolmente abbattuto.

Innanzitutto l’attività per generare una Share of Voice significativa su questo target richiede “uno sforzo muscolare” minore rispetto agli anni scorsi, quando le Big Pharma dell’etico bombardavano l’MMG con visite degli ISF, saggi di prodotto e servizi vari.

La forte contrazione delle Reti di vendita ed i crescenti limiti all’accesso posti dagli stessi medici di base ha cambiato notevolmente la modalità di svolgere l’informazione scientifica, ed oggi occorrono molte meno visite per essere ricordati.

In secondo luogo, l’esplosione della Non Personal Promotion, basata in primis sull’utilizzo di canali innovativi come eRep ed eDetailing, permette oggi l’effettuazione di campagne promozionali sull’MMG a costi estremamente competitivi.

È possibile, quindi, creare dei portali di servizio per il medico di base, con contenuti informativi sui prodotti abbinati a servizi come la richiesta di campioni, integrati con l’attività di una CSO sul campo per consegnare i saggi e fare presidio sulle farmacie adiacenti agli ambulatori.

RepService-

La stagione invernale è alle porte; quale migliore occasione, quindi, per le aziende OTC di sfruttare la leva del campionamento?

Per scoprire la soluzione più efficace, riempi il modulo sottostante

Le 4 domande sui progetti Beyond the Pill

Beyond the PillIl paziente deve essere sempre al centro delle strategie beyond the pillTweet this

Non c’è ormai alcun dubbio: il marketing farmaceutico sta attraversando un periodo di intenso cambiamento, e questo rende il settore sempre più affascinante per chi, come me, ha un profondo DNA “consumer”.

Uno dei trend che mi attira di più – e su cui sto investendo molto del mio tempo professionale e privato – è l’area dei progetti “beyond the pill”, intendendo con ciò tutte quelle attività sviluppate dalle aziende farmaceutiche indirizzate a risolvere le esigenze degli Stakeholders della salute relativamente alla gestione dei pazienti.

Parlo quindi di progetti mirati a garantire una migliore efficacia ed efficienza del sistema a 360°, fornendo all’azienda un vantaggio competitivo e contemporaneamente un alto valore per i pazienti, i medici ed i payor.

Salvo poche eccezioni siamo ancora in una fase pionieristica; mentre a livello teorico il concetto “beyond the pill” è ben conosciuto, a livello di implementazione pratica e di messa a regime delle soluzioni trovate c’è ancora molto lavoro da fare.

Dagli incontri con i manager emergono 4 “big questions” a cui mi piacerebbe, in questo articolo, provare a rispondere

1)      Il concetto di “beyond the pill” è lo stesso di aderenza terapeutica?

Se consideriamo tutti i tipi di benefici che i progetti “beyond the pill” potrebbero portare, certamente il miglioramento dell’aderenza terapeutica all’interno di determinate patologie dovrebbe essere posto in cima alla lista.

L’aderenza terapeutica è un argomento “storico” all’interno delle mondo farmaceutico; la World Health Organization stima che il 30-50% delle medicine prescritte per patologie croniche non vengono poi effettivamente assunte dai pazienti, di conseguenza siamo di fronte ad un importante “unmet need” del sistema.

Una migliore aderenza andrebbe a beneficio di tutti: pazienti, payor e, ovviamente, aziende farmaceutiche. Ma nonostante questa sia una grande opportunità ed un elemento fondamentale di molti progetti, non è l’unico!

Il paziente deve essere sempre al centro delle strategie “beyond the pill”, ma ci sono molti modi per migliorare il sistema; parliamo di progetti per migliorare la comprensione delle patologie (disease awareness), per facilitare le diagnosi e gli accessi alle terapie, e più in generale per supportare “l’esperienza di vita” delle persone in cura, valutando con ciò nei vari programmi anche il coinvolgimento del personale paramedico e delle associazioni dei pazienti.

2)      Chi è l’owner aziendale di questi progetti?

Spesso mi viene chiesto quali funzioni aziendali dovrebbero occuparsi della strategia e della pianificazione dei progetti “beyond the pill”.

Chiaramente non esiste, ad oggi, una funzione già focalizzata, ma mi sento di dire che il Marketing dovrebbe essere l’area principale su cui far ricadere questa responsabilità; questo considerando la tipologia dei servizi e delle varie leve utilizzate nei programmi e soprattutto per presidiare fino in fondo gli aspetti di ritorno economico.

Dietro al Marketing vedo poi un coinvolgimento forte della Direzione Medica e del Market Access, al fine di fornire nei progetti quella competenza scientifica e quella conoscenza dei payor, fondamentali per il successo delle operazioni.

3)      Come decidere quali servizi offrire?

La scelta dei servizi da offrire deve discendere da una strategia ben definita a monte, al fine di comprendere esattamente il ruolo che l’azienda intende ricoprire all’interno del sistema (ovvero non solo quello di “fornitrice di pillole” ma anche qualcosa d’altro).

A supporto di ciò possono contribuire ricerche di mercato mirate ad analizzare la customer experience dei pazienti, mappature di tutti gli stakeholder coinvolti ed assessment dei loro bisogni, al fine di dare delle priorità alle diverse opzioni e capire cosa è “nice to have” e cosa è invece essenziale.

Al fine di valutare la dimensione dei progetti (e quindi anche l’impegno economico), può essere utile mappare i possibili approcci sulla base di due parametri: livello di customizzazione dei servizi ed ampiezza dell’offerta (copertura dei bisogni).

grafico

4)      Qual è il ritorno sull’investimento?

Solamente nel lungo periodo sarà possibile misurare il ROI delle iniziative “beyond the pill”; è infatti necessario che i servizi vadano a regime e che i destinatari dei progetti diventino consapevoli del valore che ricevono, idealmente sino ad arrivare ad “un punto di non ritorno” per cui il programma diventa una condizione irrinunciabile, quasi quanto la terapia adottata.

È  però possibile misurare ongoing dei KPI che, indirettamente, misurano il successo del progetto e, presumibilmente, la redditività dell’iniziativa.

Alcuni KPI sono facilmente rilevabili (es. numero di pazienti che aderiscono ad un particolare programma di supporto), altri sono più complessi (es. livello di soddisfazione dei medici coinvolti); la cosa fondamentale è che questi indicatori vengano individuati prima della partenza del progetto e che siano coerenti con gli obiettivi strategici posti dall’azienda.

 

Il Gruppo Merqurio ha condotto, e sta tuttora sviluppando, alcuni progetti “beyond the pill” con importanti multinazionali farmaceutiche.

Uno di questi, centrato sulla prevenzione del tumore del collo della cervice (HPV) è trattato in una recente pubblicazione di FederSanità.

 

Per scoprire i vantaggi che il tuo business può ottenere con un progetto Beyond the Pill, compila il form qui sotto.

 

Mobile Marketing in farmacia: è utopia?

Mobile MarketingIl Mobile Marketing in farmacia, con App e servizi dedicati ai clienti, non è un’utopia. Forse la tecnologica sarà più veloce. Tweet this

Sono innamorato di Esselunga; anche quando lavoravo in GS, e quindi fiero concorrente, ho sempre riconosciuto a questa azienda una marcia in più. Precursori nelle tecniche di Space Allocation, pionieri del Category Management, primi a lanciare programmi Loyalty, non a caso i risultati economici hanno sempre premiato questa catena distributiva; numero uno in Europa come fatturato per metro quadro, numero uno in Italia negli indici di fedeltà della clientela.

Ancora oggi, anticipando una volta di più i concorrenti, con il lancio dell’App omonima, Esselunga è entrata alla grande nel Mobile Marketing; un’applicazione completa, ricca di funzionalità, in particolare nell’area dei buoni sconti e delle offerte promozionali, che sta riscuotendo un enorme successo presso la clientela.

D’altra parte i segnali provenienti dal mercato sono chiari, per chi li vuole leggere. Da una recente ricerca presentata da Doxa emergono infatti dati molto interessanti sull’utilizzo degli smartphone in Italia:

– Si stimano a fine 2013 circa 37 milioni di smartphone in Italia;

– i Mobile Surfer sono circa 28 milioni al mese;

– tra gli utenti quotidiani di internet, il tempo di navigazione da smartphone (75 minuti) si sta sempre più avvicinando a quello da pc (106 minuti);

1 milione di italiani accede a internet solo attraverso device mobili;

– sempre più persone dicono di aver visto “spesso” pubblicità sui loro device, il 60% contro il 45% del 2012;

– il 17% ha cliccato sugli annunci (era il 10% nel 2012);

– il 47% dei Mobile Surfer ha ricevuto nel 2013 buoni sconto via mobile (contro il 37% del 2012), e il 76% si dice interessato o molto interessato.

 

Farmacie e Mobile Marketing

Parlare di Esselunga e della sua App è in realtà uno stimolo per parlare di farmacie e di come i tempi siano ormai maturi affinché i titolari considerino fortemente l’opportunità di reimpostare il loro modello commerciale, dotandosi di strumenti innovativi.

Durante il Cosmofarma ho assistito ad una interessante presentazione di Shackleton Consulting; lo spunto più interessante è stata la differenza di performance 2013 vs 2012 tra le farmacietradizionali” e le farmacie “commerciali”: le prime, con un mix di fatturato fortemente sbilanciato sui farmaci (>50%) hanno avuto risultati negativi, risentendo chiaramente delle politiche di abbattimento di prezzo e di genericazione; mentre le seconde, più orientate alla vendita di settori extra-farmaceutici (in primis la dermocosmesi) hanno avuto ritorni commerciali molto positivi.

Chi per primo è partito con progetti di ampliamento del punto vendita, dando ampio spazio al libero servizio ed adottando tecniche di Visual Merchandising e di Category Management ha acquisito un vantaggio competitivo, differenziandosi dalla concorrenza e posizionandosi nella mente del consumatore come un punto di riferimento per acquisti importanti, e non solo di farmaci.

 

Come si differenzieranno le farmacie

Ma questo a breve potrebbe non essere più sufficiente; quando tutte le farmacie avranno fatto il passaggio verso la superette della salute, con bellissime gondole illuminate e spazi dedicati ai trattamenti dermocosmetici, come potranno differenziarsi agli occhi della clientela?

Parlare oggi di Mobile Marketing in farmacia, con lo sviluppo di App e di servizi dedicati ai clienti, potrebbe non essere utopia; i tempi corrono veloci e se ci sono voluti dieci anni per cominciare a vedere seri progressi nell’area del Category Management, probabilmente l’onda tecnologica sarà molto più veloce.

 

I vantaggi del Mobile Marketing in farmacia

I vantaggi per il farmacista sarebbero molteplici:

– Sostituzione dei volantini cartacei con soluzioni digitali;

– creazione di campagne promozionali in sinergia con i fornitori;

comunicazione con i clienti anche quando non sono nel punto vendita;

integrazione con il proprio sito (e se non è ancora presente, ecco un’occasione per svilupparlo);

– lancio di progetti fedeltà ad hoc per i possessori di smartphone (tradizionalmente clienti dal potere d’acquisto medio alto).

 

Il farmacista è veramente poco portato all’innovazione?

Molti manager di aziende farmaceutiche con cui mi sono confrontato sono scettici; il motivo principale è che, secondo loro, i farmacisti sono pigri e poco portati all’innovazione, chiusi in un mondo privilegiato e protetto.

Questa è una generalizzazione che spesso deriva da pregiudizi; parlando con alcuni titolari di farmacia mi sono, invece, trovato di fronte a degli imprenditori capaci, visionari e desiderosi di competere con nuovi strumenti innovativi. Credo che il 10-15% dei farmacisti, se supportato dal punto di vista formativo e tecnologico, sia già pronto per partire con i primi esperimenti di Mobile Marketing.

Questa è una grande opportunità per le aziende fornitrici che per prime si presenteranno come partner; essere i primi ad aiutare il canale ad evolvere verso nuovi strumenti commerciali rappresenta un grande vantaggio competitivo.

La tecnologia non è un problema; se siete interessati a valutare una soluzione di Mobile Marketing per le farmacie, vi invito a scaricare la brochure dell’App InSalute, il nuovo servizio lanciato da Merqurio.

 

I tre ostacoli che impediscono l’attuazione del multichannel (parte III)

La segmentazione del TargetInternet ha modificato la segmentazione del target. I medici hanno diversi modi per accedere alle informazioni. Tweet this

La segmentazione del target

Nei post precedenti abbiamo già parlato delle barriere culturali interne e delle barriere legali che complicano lo sviluppo in azienda di progettualità Multichannel. Affrontiamo ora l’ultimo punto, ovvero la segmentazione del target.

Il concetto di segmentazione del target non è certo nuovo all’industria farmaceutica, eppure ancora oggi la sua applicazione pratica presenta spesso delle lacune, tanto che quasi sempre la differenza tra un buon progetto ed un fallimento è un database profilato del target oggetto dell’iniziativa.

I parametri tradizionali di valutazione (potenziale e fedeltà), se rispondono ad esigenze di efficienza da parte delle funzioni Sales & Marketing, non sempre soddisfano la scelta dei canali di comunicazione più appropriati; infatti lo sviluppo di Internet e l’avvento delle nuove generazioni (i cosiddetti Digital Native) sta introducendo un nuovo criterio di segmentazione: il valore della relazione con le case farmaceutiche.

 

La fine del monopolio dell’informazione scientifica

Se negli anni passati il monopolio dell’informazione scientifica era totalmente in mano alle aziende, ed i medici non avevano molte alternative per aggiornarsi professionalmente, oggi non è più così; sulla Rete è possibile trovare di tutto, e questo sta cambiando il rapporto tra chi promuove un prodotto e chi cerca informazioni sullo stesso.

In particolare oggi un medico ha la possibilità di decidere quando e come ricercare delle informazioni, e non necessariamente ha bisogno di input da parte di una casa farmaceutica. Addirittura, come sostiene una ricerca condotta nel 2013 da CMI/Compas sui medici americani, poiché questi preferiscono aggiornarsi preferibilmente nel tempo libero (alla sera o nel weekend) si sta correndo il rischio di creare una frattura con gli ISF che invece si presentano negli orari di lavoro.

Sulla base del valore che i medici danno al rapporto con le aziende, possiamo quindi segmentarli in due cluster: Indipendents e Relationship Seekers.

I primi sono molto attivi online e nello scambio con i colleghi ricercano autonomamente ciò di cui hanno bisogno e danno poco valore all’informazione medico scientifica tradizionale; i secondi invece sono molto disponibili alla relazione con gli ISF, accettano volentieri sample e partecipano agli eventi organizzati dalle aziende.

L’indagine condotta da Merqurio nel 2013 sui medici italiani individua chiaramente i due segmenti; gli Indipendents sono circa il 25% e vengono identificati come coloro che dichiarano di non avere alcun interesse all’aggiornamento scientifico fornito dalle Case Farmaceutiche; mentre i Relationship Seekers sono circa il 75%.

I comportamenti relativi alle modalità di ricerca autonoma di informazioni sono profondamente diversi tra i due gruppi, soprattutto nella frequenza, così come il livello di apprezzamento degli ISF; solamente il 24% degli Indipendents si dichiara soddisfatto, contro il 47% dei Relationship Seekers.

 

La segmentazione e il digital

Le tecniche di segmentazione nell’era digitale devono quindi tenere conto della disponibilità dei medici a ricevere informazione medica scientifica da parte delle aziende; non solo, ma data la pluralità di canali oggi disponibili (ISF frontale, Phone Detailing, Edetailing), occorre anche conoscere le loro preferenze relativamente alle modalità di contatto.

Sulla base dei numerosi progetti Multichannel condotti, Merqurio dispone di un DB medici altamente profilato; analizzando il livello di accettazione dell’attività di Phone Detailing, di apertura delle eMail inviate e della partecipazione al portale DottNet, gli operatori sanitari sono stati suddivisi in HIGH responders e LOW responders.

Siamo quindi in grado di dare un peso ai 2 segmenti, target per target .

Grafica2

 

Sulla base di un parametro di redditività economica (High potential vs Low potential), di disponibilità alla relazione con l’azienda (Indipendents vs Relationship seekers), e di sensibilità verso la comunicazione multichannel (High Responders vs Low Responders), la proposta di segmentazione di Merqurio si presenta come segue:

Grafico11
Ciascuno dei 4 quadranti richiede una precisa strategia promozionale, da declinarsi poi attraverso le tipologie di canale più appropriate. Per esempio medici a basso potenziale, ma aperti al rapporto con le aziende sono il target ideale per progetti di phone detailing, soprattutto se hanno dimostrato in passato di accettare questa modalità di contatto. Mediamente il livello di adesione di questo target a progetti di detailing remoto è intorno all’80%.

Se sei arrivato fino a questo punto, potresti avere trovato l’argomento interessante. Per richiedere il report completo del Centro Studi clicca qui.

I tre ostacoli che impediscono l’attuazione del multichannel (parte II)

Bariere legali ostacoli verso il multichannelLe barriere legali per la pubblicità multichannel sono le stesse che ostacolano i canali tradizionali. Tweet this

Il recente sondaggio condotto da Merqurio: ha evidenziato 3 ostacoli che complicano lo sviluppo in azienda di progettualità multichannel. In un post precedente ho approfondito il problema costituito dalle barriere culturali interne, mentre ora affronterò il secondo ostacolo: le barriere legali; l’obiettivo è quello di fare chiarezza e dimostrare che, se le attività sono impostate bene, non sussistono problemi allo sviluppo di progetti multichannel. I temi legali da affrontare sono principalmente 3:

  • I contenuti
  • Il concetto di copromotion
  • La tutela della privacy.

Contenuti

I contenuti del materiale promozionale (MP) – veicolati dai canali multichannel – sono soggetti agli stessi obblighi dei materiali veicolati da mezzi tradizionali; in particolare l’AIFA nel 2013 ha espressamente menzionato e disciplinato:

  1. La tipologia del MP, definendo i banner come “striscia” pubblicitaria destinata ad essere pubblicata su internet, newsletter o altro
  2. Le modalità di divulgazione del MP, evidenziando chiaramente tra i vari canali:

2.1.   Informatori Scientifici (IS) da Remoto

2.2.   IS mediante ausili informatici

2.3.   Sito web

2.4.   Altre modalità informatiche online (es. posta elettronica, social network, ecc).

 

Copromotion

Un aspetto legale particolarmente delicato, quando ci si avvale di un contact center esterno per effettuare informazione scientifica remota, è la copromotion. Di fatto la legge equipara l’informazione scientifica telefonica all’informazione tradizionale; ne consegue che il rapporto tra l’azienda committente (titolare dell’AIC) e l’azienda partner che mette a disposizione il contact center di ISF remoti, deve essere disciplinato da un contratto di copromotion. A tutela dell’impresa titolare dell’AIC, che risponde dell’attività del partner, occorre quindi verificare che questi:

  • sia un’azienda farmaceutica, iscritta al SIS e dotata di AIC
  • disponga di personale qualificato (laurea nelle discipline previste dal DLgs e con regolare rapporto di lavoro)
  • abbia internamente un Responsabile Farmaco Vigilanza e sia dotata delle relative procedure
  • abbia internamente un Responsabile servizio scientifico
  • sia dotata di Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS).

Occorre inoltre ricordare che gli ISF remoti dell’azienda partner:

  • operano in nome e per conto della propria azienda, ma sotto il controllo regolatorio della azienda titolare
  • devono essere preparati da training specifico gestito dall’azienda titolare AIC
  • sono sottoposti agli stessi codici di condotta dell’azienda titolare.

 

Data Privacy

L’ultimo aspetto da considerare riguarda la tutela della privacy dei medici quando vengono coinvolti da progetti di e-detailing e phone-detailing; come gestire indirizzi email e numeri di telefono? I principi generali della Legge distinguono i dati personali dai dati sensibili. I primi identificano le informazioni relative alla persona fisica, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altro dato, ivi compreso un numero di riconoscimento personale; i secondi sono dati personali la cui raccolta e trattamento sono soggetti sia al consenso dell’interessato sia all’autorizzazione preventiva del garante per la protezione dei dati personali. Sono chiaramente definiti:

  • l’origine razziale ed etnica
  • le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere
  • le opinioni politiche
  • l’adesione a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale
  • lo stato di salute e la vita sessuale.

Tale elenco viene considerato chiuso, nel senso che non è lecito procedere per analogia. P.es. il reddito non è un dato sensibile. Ciò premesso, il Garante ha assimilato l’indirizzo email al dato personale (non al dato sensibile). Quindi:

  • è necessario il consenso informato del destinatario
  • il consenso del destinatario deve essere chiesto prima dell’invio e solo dopo averlo informato chiaramente sugli scopi per i quali i suoi dati personali verranno usati: vale dunque la regole dell’opt-in
  • chi detiene i dati deve sempre assicurare agli interessati la possibilità di far valere i diritti riconosciuti dalla normativa sulla privacy (revoca del consenso, richiesta di conoscere la fonte dei dati, cancellazione dei dati dall’archivio, etc.).

Conseguentemente l’invio di campagne di email marketing richiede l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica per i quali si ha avuto preventivo consenso da parte del medico. L’utilizzo del numero di telefono del medico è stato recentemente disciplinato con l’istituzione del Registro Pubblico delle Opposizioni.

Le società che operano nel settore del telemarketing non possono contattare i numeri degli abbonati che si sono iscritti nel registro; inoltre se un abbonato ha chiesto a una determinata azienda di non essere più disturbato, quell’azienda dovrà rispettare la sua volontà anche se l’abbonato non si è iscritto al Registro.

La singola azienda che abbia, invece, ricevuto in passato il consenso dell’abbonato a ricevere telefonate promozionali, potrà contattarlo, anche se questi è iscritto nel Registro. Tale consenso, che dovrà essere documentabile per iscritto al Garante, potrà comunque essere ritirato in qualunque momento. Per quanto riguarda le numerazioni presenti in pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque (ad es. albi professionali) esse potranno essere utilizzate solo se le telefonate promozionali risultino direttamente funzionali all’attività svolta dall’interessato (sempre che questi non si sia opposto). Di fatto l’informazione scientifica remota ricade in questa casistica.

Disruptive Innovation: ostacolo vs opportunità per il tuo business

Barry-LyndonDisruptive Innovation: dietro ad ogni crisi c’è un’opportunità per chi la sa cogliere e ha il coraggio di provare a cambiare. Tweet this

Recentemente ho avuto modo di leggere: Le opportunità della Disruptive Innovation del Prof. Umberto Bertelè, della School of Management del Politecnico di Milano, sull’impatto che l’innovazione digitale ha avuto su interi settori dell’economia. Un Big Bang che sta mietendo illustri vittime, ma che è anche in grado di creare nuovi mercati altrettanto rapidamente, a volte anche con costi contenuti. Da cui il termine Disruptive Innovation.

I 9 principali cambiamenti citati dal Professore nel suo editoriale:

1)      L’orologio non serve più per leggere l’ora

Se va bene ora è un gioiello o un accessorio di moda.

2)      Si comunica sempre meno con SMS

La possibilità di usare Skype, anche con i dispositivi mobili, e la prospettiva che WhatsApp diventi un concorrente di Skype promettono un futuro sempre più fosco per le compagnie telefoniche.

3)      Si acquistano sempre meno macchine fotografiche digitali compatte

La fotografia digitale ha ucciso in brevissimo tempo Kodak; ora sono Nikon e Canon ad essere sotto attacco, in quanto smartphone e tablet offrono la stessa funzionalità ad un costo percepito nullo e con una qualità equivalente.

4)      Gli smartphone rottamano i navigatori portatili

Basta Google Map o una semplice App dal prezzo esiguo.

5)      Smartphone e Tablet rubano spazio alle console per videogame

Un dato su tutti: il 70-80% dei ricavi dalla vendita di App proviene dai giochi!

6)      Crisi dei giornali e scomparsa delle edicole

A Milano, negli ultimi anni, circa un terzo delle edicole ha interrotto l’attività.

7)      Sono sempre più in difficoltà le librerie

Vent’anni fa Amazon lanciava l’attività di e-commerce; nel 2011 negli USA la vendita di e-book ha superato quella delle copie in formato cartaceo.

8)      Perché pagare per musica, film e televisione?

Anzi, perché “possedere” una canzone o un film, quando si possono ascoltare o vedere in streaming? Con buona pace del copyright…

9)      Chi prenota ancora un viaggio in agenzia? Quanto dureranno gli alberghi?

L’esplosione di siti per prenotare viaggi e di social network come Airbnb – che offre case private o stanze in 34.000 città – stanno rivoluzionando il modo di organizzare e di vivere le vacanze.

Quello che mi ha colpito è stata la miopia di certe aziende, che non hanno capito in tempo i cambiamenti o che, peggio, li hanno intuiti ma poi sottovalutati.

«La frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così» citava Grace Hopper, pioniera della programmazione informatica, grande matematica, informatica e militare statunitense.

La Disruption Innovation travolge solo chi non ha la sensibilità di percepire i cambiamenti, mentre per chi sa osare rappresenta un’occasione da cogliere al volo.

A buon intenditore…

I tre ostacoli che impediscono l’attuazione del multichannel (parte I)

lattimofuggente1Per introdurre una progettualità multichannel occorre superare le attuali barriere culturali interne e aprirsi a nuovi modelli. Tweet this

I manager delle aziende farmaceutiche auspicano un cambiamento

Un recente sondaggio condotto da Merqurio presso i manager di aziende farmaceutiche italiane ha confermato un’evidente necessità di cambiamento; ben il 46% degli intervistati è infatti fortemente convinto della necessità di modificare il tradizionale modello di informazione scientifica e cercare soluzioni più efficienti, coerentemente con le nuove opportunità che la tecnologia ci propone.

Il termine “multichannel” è alquanto inflazionato, eppure i progetti veramente innovativi si contano ancora sulle dita di una mano, relegando il marketing farmaceutico italiano ad un ruolo di fanalino di coda rispetto agli omologhi esteri.

Perché? Quali sono allora le ragioni di tale ritardo? Quali sono le criticità che un manager italiano deve affrontare per lanciare in maniera efficace ed efficiente un progetto multichannel?

Interpretando le risposte fornite dalle aziende, emergono chiaramente 3 ostacoli:

  1. Barriere culturali interne, intese come resistenze al cambiamento;
  2. Barriere legali;
  3. Segmentazione del target, inteso come approccio strategico alla conoscenza dei medici, alle loro necessità informative ed alle modalità con cui si aggiornano.

Le barriere culturali interne

La Formula di Gleicher – altrimenti conosciuta come Equazione del cambiamento – è uno strumento manageriale molto utile per comprendere e per superare le resistenze ogni volta che in un’organizzazione si introduce un cambiamento.

La formula C = I x V x P > R introduce il seguente concetto: un CAMBIAMENTO (C) può avvenire quando l’INSODDISFAZIONE per la situazione attuale (I), la VISIONE (V) relativamente a ciò che si potrebbe fare e la PRATICITÀ (P) ovvero la consapevolezza di quali passi concreti intraprendere, sono superiori alle RESISTENZE (R) espresse all’interno dell’organizzazione.

Il senso del rapporto è tale per cui se uno solo dei fattori IVP è nullo, tutto il prodotto si azzera e vincono le Resistenze. Nulla cambia!

In altre parole, affinché l’introduzione di progettualità multichannel nelle aziende farmaceutiche superi le attuali barriere culturali interne e si indirizzi verso nuovi modelli di successo, occorre che si realizzino le tre condizioni.

La prima, l’INSODDISFAZIONE, è già una certezza; lo scenario di mercato attuale sta inevitabilmente mettendo sotto pressione le funzioni di Sales & Marketing, ed è diffusa la preoccupazione per la sostenibilità del modello attuale nei prossimi anni. Quindi, su questo aspetto, non c’è da lavorare.

Diverso è per la seconda condizione, la VISIONE su cosa è possibile fare. I dati della ricerca Merqurio evidenziano come visioni e strategie siano parcellizzate all’interno delle strutture Marketing e Vendite, spesso lasciate a singole iniziative di pochi manager illuminati. Salvo rari casi, infatti, c’è carenza di approcci aziendali strategici unici, definiti a livello di Top Management e calati dall’alto seguendo un percorso organico; probabilmente il Direttore Generale ha la visione, ma non è stato implementato il processo per condividerla e realizzarla.

Relativamente alla terza condizione, la PRATICITÀ, ovvero la consapevolezza su come intraprendere i primi passi, occorre alzare un’altra bandierina rossa per evidenziare un altro fattore critico al cambiamento: la mancanza di know how nelle aziende.

 

Perché solo l’esperienza riesce a valicare le barriere culturali interne

Come individuare i canali più efficaci, i content più interessanti, le tecniche più efficienti, e, soprattutto, come individuare il ROI delle diverse leve multichannel se non si acquisisce esperienza?

La regola è che non esiste un progetto uguale all’altro; o, meglio, non è detto che copiando case history di successo realizzate da altre aziende si ottengano gli stessi risultati. Troppi sono i fattori che condizionano un progetto multichannel: l’equity del prodotto e dell’azienda stessa, il ciclo di vita, il target, i contenuti utilizzati, i servizi proposti, la concorrenza…

L’unica strada percorribile per costruire know how è la realizzazione di progetti pilota, disegnati con l’obiettivo principale, se non unico, di capire.

In sintesi, per vincere sulle resistenze interne e superare le barriere culturali presenti in azienda, occorre lavorare su VISIONE e su PRATICITÀ; molto può essere fatto internamente (staffing, formazione, condivisione) ma il giusto partner esterno può, senz’altro, contribuire ad accelerare il processo ed ad introdurre quell’esperienza che oggi ancora manca.

Se sei arrivato fino a questo punto, potresti avere trovato l’argomento interessante. Per richiedere il report completo del Centro Studi clicca qui.

Ti invito, comunque, a tornare su questo blog, nei prossimi post ragioneremo sulle barriere legali e sulla segmentazione del target.

Quale ruolo hanno i Digital Opinion Leader nell’ambito della salute?

Digital Opinion LeaderDigital Opinion Leader della Salute: medici che influenzano i colleghi sul web. Un’oppurtunità per le aziende farmaceutiche. Tweet this

Sono molto colpito dalla frequenza con cui mi giungono, attraverso le numerose newsletter cui sono iscritto, esempi e storie di Digital Opinion Leader nell’ambito della salute. Parliamo di medici che influenzano colleghi, Policy Makers e pazienti attraverso la loro attività sui Social Media.

I medici e i Social Network

Il caso di Andrew McIvor, Professore di Medicina alla McMaster University in Ontario, Canada, mi ha particolarmente colpito; la sua pagina Facebook, lanciata a maggio 2013 è a tutti gli effetti una piattaforma di discussione su temi quali asma e BPCO, così come seguitissime sono le sue campagne informative sul fumo e sulle sigarette elettroniche lanciate via Twitter.

Chi sono i suoi follower? Sono agenzie di comunicazione che si occupano di salute, pazienti, colleghi e stakeholder.

Ecco quindi che quando il Professore è intervenuto nella Twitter Chat #COPDChat, gestita da Boehringer Ingelheim durante il congresso Europeo tenutosi il 9 settembre, la visibilità dell’evento (e dello sponsor!) hanno avuto un’accelerazione virale.

E l’Italia? Alcune statistiche fornitemi da un amico di Linkedin mi hanno sorpreso, mostrandomi uno scenario “digitale” ben al di là delle aspettative mie e soprattutto di molti miei clienti. Mi riferisco, in particolare, al numero di medici specialisti con un profilo Linkedin:

  • 7.100 ortopedici
  • 5.600 pediatri
  • 4.700 cardiologi
  • 4.200 oncologi

E via di questo passo…

Le aziende farmaceutiche e i nuovi modelli di comunicazione

Tutto questo rappresenta un’opportunità o una minaccia per le aziende farmaceutiche?

Sottovalutare il fenomeno, o peggio, non considerarlo, è sicuramente molto pericoloso; il rischio è quello di perdere il controllo del processo di comunicazione dei propri brand e della propria immagine aziendale.

La vera opportunità consiste nello sviluppo di una strategia di collaborazione con i Digital Opinion Leader, mutuando le tecniche del tradizionale KOL management ed adattandole alle nuove tecnologie.

Il primo passo è costituito dalla creazione e dal coaching dei medici destinati a diventare influencer; all’estero numerose aziende farmaceutiche sono già partite con corsi Linkedin ai medici ed altre attività similari, con l’obiettivo di posizionarsi come partner per la reputation dei clinici.

Per approfondire il tema, vi invito a visualizzare la presentazione del seminario “Personal Branding” sviluppato da Merqurio per i medici.